Gli antibiotici sono sostanze in grado di inattivare i batteri (battericidi) o di inibirne la crescita (batteriostatici).
Sono medicinali che non hanno alcun effetto su infezioni sostenute da virus, funghi e parassiti.
Si possono classificare in base alla loro origine in: antibiotici naturali, ovvero sostanze di origine naturale prodotte da microrganismi (es. la penicillina), semi-sintetici, oppure di sintesi.
All’inizio del ventesimo secolo le malattie batteriche rappresentavano la principale causa di morte nella popolazione. La scoperta del primo antibiotico avviene nel 1928, quando il batteriologo Alexander Fleming, in seguito a una accidentale contaminazione, identifica una muffa (Penicillinum notatum) in grado di inibire la crescita batterica di Staphilococcus aureus, identificando così la penicillina.
Questa troverà applicazione clinica solo nel corso della seconda guerra mondiale, tanto da conquistare il nome di “farmaco miracoloso”.
La produzione industriale di antibiotici inizia negli anni ’50, dando enorme impulso alla ricerca farmaceutica: dopo la penicillina sono state prodotte numerose nuove molecole antibiotiche, consentendo sia di curare malattie un tempo letali (e.g.: tifo, polmoniti, meningiti) sia di prevenire complicazioni durante procedure salvavita (e.g.: trapianti d’organo, chemioterapia o complessi interventi chirurgici).
Nel corso degli anni tuttavia la difficoltà tecnica di produrre nuove sostanze e la necessità di individuare importanti risorse per gli investimenti nel settore non hanno portato a un adeguato sviluppo di nuove molecole antibiotiche.
Anche il settore zootecnico iniziò a impiegare gli antibiotici a partire dagli anni ’50 con somministrazioni a dosi basse e prolungate per promuovere la crescita degli animali (uso auxinico) e routinariamente a scopo preventivo su tutti gli animali, per limitare l’incidenza di infezioni (profilassi), o per contrastarne la diffusione in seguito a diagnosi di malattia in una parte del gruppo (metafilassi).
Attualmente l’utilizzo degli antibiotici come promotori di crescita negli allevamenti è vietato dal 2006 (Reg. CE 1831/2003), così come i trattamenti preventivi, salvo casi eccezionali in cui il rischio di infezione è molto elevato. In questi casi la somministrazione deve essere limitata a un singolo animale o a un numero ristretto di animali (Reg. CE 2019/6).
L’attività di un antibiotico sul patogeno si esplica sulla base del target cellulare coinvolto: può agire sulla parete cellulare, inducendo lisi batterica (es.: penicilline, polimixine, vancomicina), sulla sintesi dell’acido nucleico (DNA, es. chinoloni, o RNA, es. rifampicina) o sulla sintesi delle proteine (es. tetracicline, macrolidi, aminoglicosidi).
Lo spettro d’azione di un antibiotico può essere stretto, medio o ampio, a seconda della sua efficacia verso un ventaglio di specie patogene più o meno esteso.
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